“La partenza dall’oratorio, era una scena indimenticabile. Usciti di chiesa ognuno diceva mille volte “buona sera”, ma non si decideva a staccarsi dagli altri compagni.  Avevo un bel dire: “andate a casa che si fa notte e i parenti vi aspettano” Era inutile.

Si stringevano intorno a me, sei dei più robusti intrecciavano con le braccia una specie di sedia, sopra la quale, come su un trono, dovevo mettermi a sedere. Come ad un segnale i ragazzi si ordinavano in alcune file e, portandomi in quel modo, procedevano ridendo, cantando e schiamazzando fino al prato del rondò..”

Commovente ricordo di don Giovanni Bosco.

Nell’aprile del 1846, l’esperienza dell’oratorio del Rondò termina con lo sfratto da parte dei proprietari.

Subito dopo, Don Bosco prenderà in affitto, ad un prezzo esorbitante per le sue possibilità, una costruzione semplice ma decorosa, una tettoia appena costruita, con un piccolo cortile antistante, all’interno della Cascina Pinardi, poco distante dal prato che era stato costretto a lasciare.

Diventerà questa la nuova sede dell’oratorio. Nessuno poteva allora lontanamente immaginare cosa sarebbe nato a partire da quell’esperienza.

Proviamo ad immaginare quattrocento e più ragazzi che giocano, schiamazzano, studiano e pregano. Cose che non avrebbero potuto fare tutte insieme in nessun altro luogo, per di più in un uno spazio relativamente ristretto, guidati da un intrepido giovane sacerdote

Ma non è solo una storia di amicizia, di devozione e di santità. C’è dell’altro.

La novità sta anche nell’ impegno fattivo, e nel lavoro intenso ed ben organizzato di Don Giovanni Bosco, tutto teso a trovare soluzioni concrete e durature per la vita dei ragazzi, un esempio che verrà seguito da molti.

In quel momento, è una novità  anche per le modalità di porsi di un sacerdote rispetto ai problemi dei  fedeli.

Si conservano alcuni documenti rari: un contratto di apprendistato in carta semplice, datato 1851; un secondo in carta bollata da centesimi 40.

Sono i primi documenti di quel tipo, contratti che regolano e definiscono le condizioni di lavoro e di remunerazione, il divieto di percosse, l’attenzione alla salute ed i periodi di riposo, firmati dal datore di lavoro, dal ragazzo apprendista e da Don Bosco.

Questo in un epoca in cui i datori di lavoro trattavano i garzoni come schiavi, senza risparmiare maltrattamenti e percorse.

Viene da dire, dopo un incontro con una persona così, la vita non può più essere la stessa di prima!